Quando da adolescente ebbi accesso ai primi, tanto agognati trucchi, la tentazione dell’abuso era irrefrenabile. Vedendomi uscire di casa con gli occhi simili a quelli di un triste panda vestito da Pierrot, mia madre mi diceva sconsolata che “il trucco si chiama trucco perché non si vede”. Lei, che tiene in borsa solo il Labello nei mesi invernali e neanche lo usa, forse intendeva che il trucco è bello quando non c’è. Eppure c’era del saggio in quelle parole.

Lo stesso prezioso insegnamento vale anche per la scrittura. I trucchi usati per rendere un testo più bello, brillante o simpatico sono spesso abusati oltre i limiti del gradevole, sottovalutando l’importanza di sforzarsi per crearne di nuovi, originali e sfiziosi.

Ecco qualche figura di stile tanto amata e dannata, che inizia già a scadere nell’obsoleto.

  • Nota a me stesso: resa famosa alla fine degli anni novanta dalla Bridget Jones di Helen Fielding, che usava le “note to self” a iosa per sottolineare i suoi buoni propositi, questa figura di stile è un finto dialogo con se stessi mentre ci facciamo leggere dagli altri, con l’obiettivo di passare per brillanti, simpatici, o diversamente sfigati. Bene, forse è ora di mollare la presa e lasciarle ai diari privati, perché di “note a noi stessi” ne abbiamo lette un po’ troppe.
  • Modalità xxx ON: una simpatica espressione forgiata da tempo immemore e molto diffusa negli anni dei social, che continuerebbe a essere simpatica se non la si leggesse ormai ovunque. Dai blog agli stati su Facebook, sembra essere rimasto l’unico modo per esprimere un umore. (Modalità castigamatti inserita)
  • “Check!”: “Figuraccia in metro alle sette del mattino: fatto!”. Spesso seguita dalla relativa icona a V, è un crocevia tra le due espressioni precedenti. Usata, strausata, e non fa più così ridere.
  • Think outside the box: è fantastico che un gran numero di italiani abbiano appreso questa espressione anglosassone spalmandola in ogni progetto innovativo. Bella, ma ormai quasi vetusta nei paesi anglofoni. Sarà mica ora di impararne qualcun altra?
  • Grammar nazi: a tutti piace fare un po’ le maestrine e definirsi dei grandi “grammar nazi”. Ma l’assoziazione a un evento storico tanto doloroso e catastrofico, ormai data per buona solo perché è passato tanto tempo… beh, siamo sicuri che sia di buon gusto?

In conclusione, il buon proposito di scrivere con estro è sempre lodevole; ma è anche buono e giusto ricordare che il trucco è bello quando non si vede.

O il gioco, quando dura poco.

 

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